LE ASSENZE DAL LAVORO PER CORONAVIRUS

Lavoratori assenti dal lavoro per quarantena, malattia o paura del
contagio, aziende chiuse o ordinanze con divieto di circolazione:
le casistiche nella gestione dei rapporti di lavoro in questi giorni sono le
più varie e meno consuete.
La repentina diffusione del contagio del Coronavirus crea situazioni
particolari anche nella gestione delle assenze dei lavoratori.
Il decreto legge “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione
dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”, varato il 23 febbraio dal
Governo – che assegna ai Ministri ampi poteri di intervento straordinario per
delimitare le potenziali occasioni di diffusione dei focolai – ha peraltro
incrementato le occasioni in cui le attività lavorative possono essere
particolarmente condizionate da interventi di Pubbliche Autorità.
Il lavoratore in quarantena va retribuito? Ci si può assentare dal lavoro per
timore di contagio? E cosa fare se vengono vietati gli spostamenti?

A CASA PER L’ORDINANZA
Assenza a causa dell’ordine della pubblica autorità, che impedisce ai
lavoratori di uscire di casa. In questa situazione si realizza la sopravvenuta
impossibilità a recarsi al lavoro per cause indipendenti dalla volontà del
lavoratore, che resterà, dunque, a casa ma con la retribuzione pagata.
In questi casi è evidente che l’assenza del lavoratore non solo è
indipendente dalla sua volontà ma, anzi, è necessaria e dettata dal
provvedimento d’ordine pubblico, finalizzato alla tutela della salute delle
persone. È questo uno dei casi per i quali è stata richiesta l’emanazione di
un provvedimento normativo che preveda la Cassa Integrazione Ordinaria
per queste tipologie di eventi.

Un’alternativa, laddove possibile, alla tipologia della prestazione lavorativa
può essere rappresentata dalla convenzione di accordi di smart working, il
lavoro agile che, ai sensi della l. n. 81/2017, può essere svolto in remoto dal
lavoratore subordinato, a prescindere dalla sua presenza presso il luogo di
lavoro. Normalmente non è richiesto alcun accordo sindacale, mentre è
necessario almeno un accordo one-to-one, siglato fra azienda e lavoratore,
e una comunicazione obbligatoria depositata dal datore di lavoro sul portale
istituzionale del Ministero del Lavoro. Grazie al D.P.C.M. emanato il 23
febbraio 2020 e relativo alle misure da adottare per contenere il contagio
nei comuni delle regioni Lombardia e Veneto, non sarà necessario il
preventivo accordo scritto fra le parti.

SOSPENSIONE DELL’ATTIVITÀ AZIENDALE
Tra le possibili misure di contrasto alla potenziale diffusione del virus
rientrano anche le previsioni tendenti a vietare l’accesso in un determinato
comune o area geografica, nonché la sospensione delle attività lavorative
per le imprese e/o la sospensione dello svolgimento delle attività lavorative
per i lavoratori residenti nel comune o nell’area interessata, anche ove le
stesse si svolgano fuori dal comune o dall’area indicata.
In questi casi è di tutta evidenza l’assoluta indipendenza della impossibilità
della prestazione lavorativa dalla volontà del lavoratore, essendo l’azienda
stessa impedita dal provvedimento dell’autorità pubblica allo svolgimento
della normale attività produttiva. Risulta perciò evidente il permanere del
diritto alla retribuzione pur in assenza dello svolgimento della prestazione,
rendendosi doveroso anche in questo caso il riconoscimento dell’accesso a
trattamenti di Cig, come preannunciato dal Ministro del Lavoro.

IN QUARANTENA OBBLIGATORIA
Assenza per quarantena stabilita dai presìdi sanitari. Riguarda i lavoratori
posti in osservazione, in quanto aventi sintomi riconducibili al virus. Questa
ipotesi può comportare l’assenza da parte del lavoratore interessato. In tal
caso il CCNL applicato stabilisce le modalità di gestione dell’evento che,
comunque, è assimilabile a tutti i casi di ricovero per altre patologie o
interventi. Non c’è dubbio che il lavoratore che non può essere presente sul
luogo di lavoro in conseguenza dell’applicazione della misura della
quarantena con sorveglianza attiva, perché ritenuto dall’autorità sanitaria
(o comunque pubblica) ricompreso fra gli individui che hanno avuto contatti
stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusa, è da considerarsi
sottoposto a trattamento latu sensu sanitario e, pertanto, la sua assenza
dovrà essere disciplinata secondo le previsioni, di legge e contrattuali, che
riguardano l’assenza per malattia, con le conseguenti tutele per la salute e
la garanzia del posto di lavoro.

IN QUARANTENA VOLONTARIA
Assenza per quarantena volontaria da parte di persone che scelgono
autonomamente di isolarsi pur non avendo sintomi palesi di contagio.
Tra le misure di contenimento previste dal governo rientra l’obbligo da
parte degli individui che hanno fatto ingresso in Italia da zona a rischio
epidemiologico, come identificate dall’Oms, di comunicare tale circostanza
al Dipartimento di prevenzione dell’azienda sanitaria competente per
territorio, che provvede a comunicarlo all’autorità sanitaria competente per
l’adozione della misura di permanenza domiciliare fiduciaria con
sorveglianza attiva. La decisione di adottare, nelle more della decisione
dell’autorità pubblica, un comportamento di quarantena “volontaria”,
fondata sui predetti presupposti (o anche in ragione del contatto con
soggetti ricadenti nelle condizioni previste), nei limiti dell’attesa della
decisione circa la misura concreta da adottare da parte dell’autorità
pubblica, può rappresentare comunque un comportamento di oggettiva
prudenza, rispondente alle prescrizioni della normativa d’urgenza, e
disciplinato conseguentemente come per le astensioni dalla prestazione
lavorativa obbligate dal provvedimento amministrativo.

ASSENTI PER PAURA DI CONTAGIO
Assenza autodeterminata da parte di lavoratori che ritengono il fenomeno
dell’epidemia sufficiente di per sé a giustificare l’assenza dal lavoro, pur non
sussistendo provvedimenti di Pubbliche Autorità che impediscano la libera
circolazione. Un’assenza determinata dal semplice “timore” di essere
contagiati, senza che ricorra alcuno dei requisiti riconducibili alle fattispecie
previste, non consente dunque di riconoscere la giustificazione della
decisione e la legittimità del rifiuto della prestazione.
In tal caso si realizza l’assenza ingiustificata dal luogo di lavoro, situazione
da cui possono scaturire provvedimenti disciplinari che possono portare
anche al licenziamento.